LETTURE: LA “STORIA DELLE CAMERE” DI MICHELLE PERROT
<<Tutta l’infelicità dell’uomo deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli in una camera.>>
[Blasie Pascal]
“Le case assomigliano sempre più a posti dove vive gente che sta per lasciarli’’, scrive Marco Cigala nella sua recensione a questo bellissimo libro, su D
di Repubblica.
Michelle Perrot, storica francese, invece, prende in esame un aspetto davvero singolare – e sottovalutato – che è quello della vita vissuta nelle camere. Camere di qualsiasi natura: partendo dalla camera simbolo del Re Sole, emblematica dell’intera Corte di Louis XIV, passa poi alle camere delle case borghesi, quelle dei bambini, d’albergo, di ospedale, la cella del carcere o quella del convento. In un percorso che va dalla dimensione del rituale ‘pubblico’ di Re Sole appunto (il suo letto era simbolicamente il centro della Francia e da lì il Re vedeva e sentiva tutto: poteva assistere alle sedute plenarie del parlamento restando coricato nel suo letto ), sino alla privatizzazione (‘privacy’) degli spazi vitali e alla dimensione ‘segreta’ che lo spazio quotidiano ha assunto nella nostra cultura.
Ecco la tesi della Perrot:
<<Dal parto all’agonia, la camera è il teatro dell’esistenza o almeno ne è il retropalco, il luogo dove il corpo nudo, deposta la maschera, si abbandona alle emozioni, al dolore, alla voluttà. Passiamo in una camera quasi metà della nostra vita, la metà più carnale, più sommessa, più notturna, quella dell’insonnia, dei pensieri vaganti, del sogno, finestra sull’inconscio e forse sull’aldilà; un chiaroscuro che accresce la sua forza di attrazione.>>
E ancora:
<<Come la fisionomia rivela il temperamento, così gli interni dicono lo status, l’indole, le vicende e le ambizioni degli occupanti. Esiste una fisiognomica della casa come ce n’è una del volto, un’archeologia delle reliquie domestiche equivalente a quella del patrimonio.>>
L’autrice trova anche nei testi della letteratura le prove che va cercando: in quella dell’800 (secolo che pesca a piene mani negli spazi privati) dei vari Balzac, Flaubert, Zola e Maupassant dove le privatezze divengono testimonianza ed espressione del carattere, dei costumi e del destino dei personaggi. Ma anche nella letteratura di Marcel Proust, Kafka: <<la camera è un leitmotiv della Recherche, ossessiona il misterioso animale della tana Kafkiana che teme la solitudine non meno di quanto la cerchi, fa da sfondo all’incubo della metamorfosi che trasforma il dormiente in un insetto…>>
Sono tanti gli spunti di gusto che possono essere sollecitazione viva a intraprendere il viaggio nel senso che una camera può avere nella vita di ognuno. Dal valore che esse hanno avuto nel processo di (ri)appropriazione della libertà femminile (bellissimo il passo su Emily Dickinson che passa tutta la vita nella casa paterna, la quale un giorno fa entrare nella sua stanza la nipote Martha e alla quale, chiudendo la porta, dice: “Marty, here’s freedom’’, ovvero qui è la libertà); alle camere delle domestiche e delle operaie parigine che, pur non restando mai a lungo nello stesso posto, – quasi sempre nel piano delle cameriere, ovvero le soffitte parigine – avevano il ‘culto delle tracce’ trascinandosi appresso reliquie della loro esistenza, cianfrusaglie che ingombravano soprattutto la loro ‘camera interiore’.
O le parole che Flaubert scrive a una sua conoscente: <<Allargate il vostro orizzonte e respirerete meglio. Se foste un uomo e aveste vent’anni, vi direi di imbarcarvi per il giro del mondo. Ebbene, fate il giro del mondo nella vostra stanza.>>
Nella camera-scatola si condensano – insomma – le preoccupazioni di una società, o meglio le sue ossessioni.
È per questo che il libro della Perrot ci piace, perché rintraccia nella camera il valore simbolico che essa ha, come rappresentazione di chi la abita, del suo corpo, dei suoi bisogni e della sua cultura. Come abiti così sei (come dimostrano le foto di Eugéne Atget del 1905 o, a distanza di un secolo, quelle di Baudouin del 2011 – che inseriamo nella gallery qui sotto).
In un mondo dove la camera rappresenta l’ultimo diritto al segreto, ci troviamo di fronte a ‘case che somigliano sempre più a luoghi dove vive gente che sta per lasciarli’’, a stanze sempre più non luoghi.
Ci piace.
(pier giuseppe fedele)